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Trascriviamo il testo della recensione di Laura Rizzo, pubblicata il 16 giugno 2025 nel blog Letteratitudine

Cosa spinge uno scrittore a narrare di sé e del padre.
Potrebbe essere la liberatoria necessità di rivalsa, al momento di dare libero sfogo ad un sentimento complesso. Avviene in “Lettera al padre”, di Franz Kafka, un vero e proprio J’Accuse, il grido a guisa di denuncia pubblica sulla educazione autoritaria impartitagli dal padre, sulla costrizione a vivere sempre nel timore della punizione, coltivando ingombranti sensi di frustrazione.
Oppure può essere un gesto di grande amore filiale, come avviene in “Patrimonio”, storia vera ove Philip Roth narra della grave malattia del padre, in uno struggente viatico verso l’atto finale, denso di ricordi profondamente radicati.
Ma anche l’abbrivio a costruire un romanzo immortale incentrato sulla famiglia e sulle sue problematiche, come avviene nell’indimenticabile “I fratelli Karamazov” di Fedor Dostoevskij.
Luciano Basile nel suo sentimento di raccontare la figura paterna, Rosario Basile, ha scelto la forma dell’intervista e del coinvolgimento attivo nella narrazione.
Ottimo segno.
In un’epoca in cui vige il complesso di Telemaco, per dirla con Massimo Recalcati, ravvisiamo in questa formula narrativa, un vivido esempio del saper coniugare la storia propria con quella della famiglia di origine in modo sincero e coinvolgente, un sereno esercizio di riflessioni sulla propria identità e sul rapporto tra generazioni.
L’approccio intervistativo permette di mettere in luce aspetti personali, all’interno di un dialogo che rende la narrazione più coinvolgente e autentica e in questo caso, la scelta di condividere vicende personali legate all’imprenditoria, alla professione di avvocato e all’attività politica, mostra la complessità e la ricchezza di un percorso di vita schietto, spesso segnato da sfide ma anche successi.
Vi racconto mio padre”, con sottotitolo “La saga dei Basile, una storia nel segno della sicurezza” (ed. Rubbettino), è una miscellanea di narrativa, storia personale e testimonianza di vita.
Luciano Basile, attraverso veri e propri incontri con il padre, opportunamente procurati, in un ragionato percorso di confidenze cadenzate e ben dosate, esplora la storia della propria famiglia a partire dal primo Novecento.
Tramite le sue domande, mirate a ricostruire un percorso di spazio e tempo, il padre si racconta in modo diretto e intimo, offrendo al lettore una panoramica approfondita della sua vita e delle sue molteplici esperienze; l’innesto di episodi personali e aneddoti, arricchisce di umanizzazione la narrazione, offrendo al lettore una figura di padre in chiave di professionista di successo, ma anche di individuo, con le sue debolezze, le emozioni, i valori e le vicissitudini proprie, intime.
Come un binocolo alla rovescia, il libro intervista si fa occasione di resoconto in pubblico di stati d’animo, personali, in quanto risposte ad emozioni. Un confronto ora a stupire, ora a rinfrancare, a provocare gioia o amarezza. Si rivelano arricchenti le interpolazioni di spazi-relax, utili ad agitare e miscedare il continuum delle rievocazioni a binocolo rovesciato.
La trama offre al lettore, una miriade di succulente informazioni sullo spaccato socio-economico-politico degli ultimi settanta anni e si fa tramite valorizzante dell’importanza e della necessità di una relazione empatica tra padre e figlio, di come questa sia centrale nell’attaccamento, empatia nel senso di immedesimazione e non di fusione con l’altro. Il libro è dunque, anche un esperimento di psicologia traspersonale, alla maniera di Abraham Maslow, ove intercettiamo lo sviluppo della personalità individuale, che si dispiega liberamente all’interno di qualcosa di più grande che va oltre la persona stessa.

Laura Rizzo

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